| Inodore. Insapore. Incolore. Tornano alla 
        mente gli attributi dell’acqua, un giorno lontano così giudiziosamente 
        mandati a memoria. E dipingono sul viso un sorriso, mentre osserviamo 
        l’artista che in solitudine, nella pace di un giorno feriale, dall’alto 
        della scogliera, mescola i colori per il suo acquerello, corre frettoloso 
        con il pennello da un panetto all’altro di blu per fissare il cangiare 
        delle onde di un mare increspato, punteggiato di vele. Buon vento. Stiamo 
        risalendo la collina alle spalle di un borgo della riviera ligure allora 
        ancora ridente, le sue quattro torri rosse svettano nel cielo. C’è 
        mia sorella con me. Di tanto in tanto, ci allontaniamo di qualche passo 
        dalla coppia degli zii, attirati da nuovi grappoli di uva matura, acini 
        minuscoli, sfumature dal verde al giallo dorato, al rosa. Dolce e tiepido, 
        il succo cola tra le dita. Attenti a non esagerare, ci mettono in guardia, 
        siamo solo a metà della collina. È uno dei pomeriggi più 
        perfetti che ricordi, il sole che guarda dall’alto, una cornucopia 
        colma di ogni ben di Dio a portata di mano, un assaggio di paradiso terrestre. 
        Solo dopo il tramonto prendiamo la strada di casa. Dalla porta aperta 
        della camera, sento lo zio al telefono, capisco di cosa sta parlando sottovoce. 
        Dice che mio padre non avrà che pochi giorni di vita e quindi è 
        il caso che si anticipi il rientro. L’ho visto prima di partire, 
        sfinito e sofferente, io ancora convinto che guarirà, che le preghiere 
        della mamma al Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola, faranno 
        il miracolo. Siamo stati portati in camera uno alla volta. Doveva essere 
        importante quello che mi ha detto, le ultime parole al primogenito, ma 
        non le ricordo, forse non ci sono state. Ne parlo con mia sorella al telefono, 
        decenni dopo. È convinta di essere rimasta in città, in 
        quei giorni. Insisto, le do qualche appiglio in più per ricordare. 
        Il dolore ha cancellato tutto, un colpo di spugna anche su questa infinitesimale 
        evasione. Mi sento in colpa per non aver sofferto tanto quanto lei. |