IN EXTREMIS
 
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SIPARIO APPENDICE POSTFAZIONE ANTEPRIMA
Ottobre 1975
Grande e confortevole lo scompartimento di seconda classe con le sue poltroncine reclinabili e gli ampi finestrini. E’ uno spettacolo viaggiare da Delhi a Madras, una proiezione al rallentatore di oltre duemila chilometri della quale si può apprezzare ogni scena. E tra tutte, quella dei grappoli di bambini che uno dopo l’altro si lasciano cadere dai rami degli alberi in riva al fiume e piombano urlando nelle dense acque rossastre. Tra una scena e l’altra, la corsa sembra arrestarsi per permettere ai venditori ambulanti di saltare sul predellino e offrire in perfetto equilibrio una nuvola di pane e tutte le varianti di ripieno: “Puri, puri!”. I vagoni di prima classe hanno pesanti tende di velluto verde e solo di rado queste vengono scostate e allora fa capolino il volto di una donna che scruta guardinga il brulicare della stazione, affollata di viaggiatori di seconda e terza classe. E’ altrettanto piacevole attraversare lo Sri Lanka su un treno a vapore, lungo binari che si fanno strada tra le piantagioni di ananas, tornando dalla processione del Sacro Dente del Buddha a Kandy. E’ anche memorabile risvegliarsi dopo un breve sonno e scoprire il sedile, i capelli, la camicia punteggiati dalla polvere di carbone e ricordare la massa dei fedeli, dei curiosi, dei turisti che ti inghiotte e ti impedisce di scegliere una direzione e non puoi che prendere aria di tanto in tanto, alzandoti in punta di piedi, e lasciarti trasportare fin dentro un mercato coperto completamente ripulito in ogni scaffale, tranne una bottiglietta di un liquido denso e colorato che sembra ottenuto sciogliendo caramelle di frutta allo zucchero in acqua zuccherata. Non era male passare un’intera notte sul treno diretto alla Gare de Lyon, cercando punti di riferimento nel buio per una decina di ore e il pomeriggio infilarsi in una delle tante sale d’essai per vedere, per esempio, The Last Waltz di Scorsese, con le lacrime agli occhi non perché vi si celebra la fine di un'epoca, ma per il tour de force al quale li avevo costretti. E’ stata una stupidaggine imperdonabile prendere quel locale da Marsiglia, pensando a quel quadro di Braque, Case all’Estaque del 1908 e trovarsi a costeggiare depositi di carburante Total. E’ indimenticabile certamente anche quella tirata con gli amici da Barcellona a Algeciras per poi imbarcarsi sul traghetto per Ceuta avendo già in mente il Marrakesh Express. Nel nostro scompartimento due ragazzi americani dalle lunghe chiome, a rischio di finire sotto le forbici della polizia di frontiera, si chiedono stupiti cosa mai andranno a fare tre italiani in Marocco. E loro invece, senza esitazione: To discover a new culture!”. È un’esperienza da evitare lasciarsi trasportare in auto come un container posato sul pianale, dentro quel maledetto tunnel dei monti Tauri per scoprire che solo dopo otto chilometri e trecentosettanta metri usciremo a riveder le stelle. E allora, quanta nostalgia di quei trenini a cremagliera che alla luce del sole si arrampicano come gatti lungo le pendici delle vette svizzere. E’ con i ferrovieri della stazione di Kavala che ho bevuto il primo caffe greco e fumato Papastratos, ancora nella loro elegante scatola bianca, rigida e piatta. E’ risalendo la ex Jugoslavia da Gevgelija che ho visto gli operai, i muratori, i meccanici, i camerieri della Macedonia, del Montenegro, della Bosnia, rientrare al lavoro in Germania addentando seduti nel corridoio grandi forme di pane e peperoncini verdi piccanti e molto più su, in Slovenia, un distinto signore aprire la sua cartella con il marchio Ibm. E’ in una stazione della metropolitana a Milano che ho pensato alla scena madre di Jules e Jim e immaginato di scendere le scale mobili e sulla banchina, tenendoci per mano, andare oltre la linea gialla, mentre già si poteva sentire lo stridere disperato dei freni del convoglio. Ed ero così giovane e stupido da non sapermi spiegare se fosse un brutto sogno premonitore o il desiderio di restare insieme per sempre.