IN EXTREMIS
 
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SIPARIO APPENDICE POSTFAZIONE ANTEPRIMA
Maggio 1980
“Caro Lacchini, con i tempi che corrono -o che si dice corrano- lei è un caso un po’ insolito se è poco contento di un lavoro nel copywriting”. Franco Fortini è già da anni professore universitario a Siena. In effetti sono al lavoro nella meglio reputata delle agenzie milanesi, per così dire al centro del mondo, ma non mi sono mai sentito parte di quel mondo. E non mi sento neppure all’altezza. Probabilmente preferirei tornare al giornalismo. Scrivo una lettera al professore di lettere, costata molta fatica e inviata senza grandi speranze. Mi risponde, sottolinea il fatto che non ha che poche conoscenze e nessuna pièce à l’appui, chiude con l’atteso consiglio: “Ma intanto perché non dà quell’ultimo esame e quella tesi?” Il mondo deve andare avanti, la stagione del disincanto è sfiorita da un pezzo. Eppure:“Lo conosciamo bene il vostro finto progresso / il vostro comandamento / Ama il consumo come te stesso”. È nella prima versione di De André della Canzone di maggio, mai incisa. Quasi nessuno ricorda che il sessantotto francese conta più morti suicidi nei mesi e anni a seguire che caduti durante gli scontri. Incluso il copywriter coautore del pluricitato Sous le pavé la plage, finito sotto un treno della metropolitana parigina alla stazione Gaîté (Allegria). Quarant’anni dopo, lasciata Milano, vivo sul Carso triestino e scopro in ‘Ritorno a Trieste. Scritti over 80’ di Sergio Bologna, un capitoletto dal titolo: 'I poeti e la pubblicità. Note su Fortini copywriter all’Olivetti'. A quanto sapevo io con certezza, il nome Lettera 22 lo aveva suggerito lui. Scorro le pagine fino ad arrivare al punto che cercavo. “Nella Germania di Weimar più di uno scrittore si pose al servizio della pubblicità, Frank Wedekind per i dadi e le minestrine Maggi, Bertolt Brecht per la fabbrica di automobili Steyr, Erich Kastner per il suo giornale. E tuttavia fin dall’inizio di questo rapporto tra talento letterario e pubblicità ci fu chi lo giudicò un tradimento. Un’accusa toccata solo ai copywriter, a nessuno è venuto in mente di rimproverare i grafici. Non so come Fortini giudicasse la sua collaborazione con l’Olivetti, se ne parla così poco forse non ne era tanto orgoglioso?” Made in Usa. Godard. 1966. Anna Karina, sottotitolata nella lingua madre del marketing, non aveva già brutalmente avvertito: “I think advertising is a form of fascism”? "Meno compri, meno ti vendi", non so davvero chi l’abbia partorita, ma è la mia headline preferita e dà un’idea di come abbia vissuto serenamente la mia storia di copywriter. Per quanto possa essere rilevante, decido di chiuderla fuori tempo massimo, chiudendo in contemporanea anche una coronaria al 100%. “Se c’è qualcuno qui tra voi gente che lavora nella pubblicità o nel marketing… prego, uccidetevi pure, ammazzatevi adesso!”