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Settembre 1969 | ||||||||
‘Una nazione rimane viva quando la sua
cultura rimane viva’. La frase incisa sulla pietra si trova all’ingresso del Museo Nazionale dell’Afghanistan a Kabul. Non una pietra qualunque: è il ricercato e prezioso lapislazzuli, il "colore più perfetto di tutti i colori". È curioso che legga di questa pietra proprio nel giorno nel quale i talebani annunciano attraverso il loro leader supremo una decisione irrevocabile: «Fustigheremo le donne che hanno commesso adulterio. Le lapideremo in pubblico. Potete chiamarla violazione dei diritti delle donne, perché è in conflitto con i vostri principi democratici. Ma io rappresento Allah e voi rappresentate Satana". Non facevano parte di quella cultura i Buddha di Bamiyan, scolpiti
nella roccia secoli prima, interamente demoliti nel nuovo millennio
in una decina di giorni? Si saliva fin sotto alle due statue con una
scala in ferro e dal basso in alto si poteva godere tutta la loro imponenza.
Ma era dall'altra parte della valle che veniva messa in risalto dalla
distanza la loro bellezza. C'era una terrazza alla quale affacciarsi
e un trio di musicisti con i loro strumenti. Avevamo con noi un registratore
professionale. Suonarono a lungo, i loro occhi fieri resi ancora più
intensi dal kajal. Non sapevo allora che secondo il Corano ogni forma
di musica è considerata un pericolo perché distrae dalla
preghiera. Non è il Corano, ma il concetto è ancora più
chiaro. “Allah potente e maestoso mi ha inviato come guida misericordiosa
presso i fedeli e mi ha ordinato di fare in modo che si sbarazzassero
di strumenti musicali, flauti, archi, crocifissi, e di tutto ciò
di cui si circondano quando, prima dell'Islam, vivevano nell'ignoranza.
Nel Giorno della Resurrezione, Allah verserà piombo fuso dentro
le orecchie di chiunque sieda ascoltando musica”. Nessuno su quella
terrazza sembrava temere il castigo divino. |
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